Redigaffi 2011 94
Redigaffi 2010 93
Syrah Per Sempre 2011 92-93
Giusto dei Notri 2011 91
Ho iniziato a seguire il Redigaffi in modo continuativo dalla vendemmia 2005. Mi intrigava il tema del Merlot, che in poche, rare etichette riesce a sublimarsi al punto da entrare in una nuova sfera, con tutt’altra profondità, e a perdere così i suoi limiti, quei toni piacioni, ma anche semplici, quel sorrisone stampato e aperto che può sconfinare in un’immediatezza banale. Torno a dire che il primo urto in me è stato con il Masseto (era la vendemmia ’92). Ed in qualche modo ritengo che questa etichetta sia divenuta da tempo la boa di riferimento per tutti i viticoltori di Merlot nell’intera Italia, non solo in Toscana.
Da allora ho capito come questo vitigno, in quelle poche aree davvero elette, cambi profondamente i propri connotati, dimensione e carattere. In ognuna però in modo radicalmente diverso. I pochi, grandi Merlot che abbiamo sono così sempre totalmente distinti e riconoscibili, come mondi separati, a parte. E nel Redigaffi quello che mi ha colpito fin dal primo impatto è la sua superiore dimensione di grazia, di aericità sferica, di bellezza, con un’eleganza e un respiro che nessun altro Merlot italiano possiede. Nei suoi profumi c’è tutto un soave e incantatorio succedersi di creme, spezie, balsami, frutti intrisi di essenze mentolate, in un quadro femmineo di suggestione totale, di memoria botticelliana, piena di grazia serena.
Il Redigaffi 2011 è al momento quella che mi sembra la sua vendemmia più grande, immacolata e al tempo stessa perentoria ai profumi. Ma occorre anche dire che, se vado a scorrere i miei quaderni di assaggio degli anni precedenti, le differenze di valutazione sono davvero minime, di mezzo punto, massimo un punto, a riprova di un vino che ha raggiunto, anche con piante ormai mature, una estrema sicurezza espressiva. E le conversazioni con Stefano Frascolla che lo segue e lo crea da sempre ci confortano in questo senso “Il Redigaffi è così, ha quel carattere, quel timbro, nasce solo in quella determinata vigna di argille, già gli acini hanno un loro particolarissimo sapore …”. Il fatto poi che il Merlot maturi perfettamente in questo lembo della Toscana con la metà di settembre lo mette anche piuttosto al riparo dalle cattive stagioni, con una costanza di risultati dunque felicissima e confortante per il futuro.
Ma c’è anche un altro elemento che amo in questo vino e che fa parte delresto in pieno del dna del Merlot. Benché il Redigaffi io lo abbia assaggiato anche su annate più vecchie, e so quindi quanto questo vino tenga benissimo negli anni, ammiro e trovo confortante quel suo sapersi concedere e lasciarsi godere, anche quando è relativamente giovane. La sericità dei tannini, la sua polpa carnosa di frutti di ribes maturi e cioccolatosi, la formosità delle linee ed al tempo stesso una classe ed un equilibrio superbo fanno sì che bere oggi la 2011 sia un’infinita gioia dello spirito, senza rimpianti, senza ansie e senza alcun ripensamento. Si è bevuto un vino sublime, con un ordine, una sequenza, un crescendo felice, sereno, e con una profondità che quasi non si vuole far vedere. Se nel Tenuta di Trinoro parlavo degli ultimi quartetti di Beethoveen, qui sembra di essere davanti a Mozart, fate voi, una di quelle meravigliose serenate o un concerto per pianoforte e orchestra, comunque con quella bellezza e forma inappuntabili, celesti, con una simmetria, una dolcezza incantevole di frutto, una classicità da vino eterno che lascia sognare e sperare. Ricordo che poi ho continuato ad assaggiare e valutare quel terzo di bottiglia rimasta per le 24-48 ore successive (di più non ce l’ho fatta) ed il Redigaffi non perdeva una virgola, non aveva un cedimento, né una smagliatura. Rimaneva sospeso e perfetto nella sua dimensione.
Quando leggo articoli di giornalisti, soprattutto americani, che parlano di un vino buono, non so, nel 2025, mi viene una fitta d’angoscia. Pietà! Cosa sarà di me nel 2025? Che senso ha dire una cosa del genere? Serve a convincere di un investimento? Ma un grande vino può essere solo un piacere da condividere in tempi umani con le persone più care. Quello è il suo fine più nobile, è un suscitatore di pensieri, di felicità, di affetti. E io so per certo che, se un vino non nasce da subito con un suo equilibrio ed armonia superiore, quel vino non sarà mai buono, 10 o 20 anni in più di bottiglia non lo salveranno dalla mediocrità o dal declino. Ecco, il Redigaffi nasce e parte ogni volta da una sua forma e proporzione eccelsa. Sa dare felicità anche da giovane, rendendo così più giovani, motivati, ottimisti, sereni (c’è del buono nel genere umano, se si riesce a creare qualcosa di tale qualità e livello). E si può così sperare anche in qualcosa che superi il nostro effimero, mentre si assapora uno dei più buoni e nobili vini dell’anno.
Venendo ora alle altre etichette di Tua Rita, occorre dire come sia andato crescendo in queste ultime vendemmie anche un Syrah di straordinario spessore che con la 2011 prende il nome di Per Sempre.
Parliamo di una vigna piantata nel 1998. E quando nei primi anni assaggiavo questo Syrah ne avvertivo la razza, ma anche come le piante fossero ancora troppo giovani per dare profondità. Il 2011 però, complice anche la grandezza della vendemmia, segna ormai il definitivo cambio di passo, l’ingresso in un’età adulta. E parliamo così un altro vino dalla personalità decisa, potente ed incantatorio sin dal primo affacciarsi nel bicchiere, per quanto è denso, fitto, impenetrabile al colore, e come al naso poi sia tutto un aprirsi di prime energie con quelle note di pepe e spezie che sono nel varietale del vitigno, che qui però si sublima e si supera.
Parliamo di un rosso dal frutto gigantesco, con la solennità potente e serena, l’ampiezza trascinante di un grande fiume che scorre, in cui tutti gli elementi sono ancora freschissimi e crudi. Ed in questo caso ritengo che il Per Sempre 2011 meriti e guadagni da un maggiore tempo di bottiglia. E’ un vino più muscolare e concentrativo del Redigaffi, che è appunto invece pura grazia aerea. Qui le note di frutti di bosco si mescolano al tartufo in una densità cremosa e terrena, che, certo inizia ad aprirsi, ma appare ancora trattenuta e un po’ serrata ai profumi, con una forza ed un’energia anche tannica che non lo lascia ancora andare del tutto.
In bocca invece la grandissima fittezza di sensazioni già si lascia più avvertire, godere e gustare, perché straripa e trabocca sui tannini in una dolcezza nobile e masticabilissima da vino vero e autentico, che nasce in un grande sacrificio di vigna e da una mirabile conduzione tecnica, che sa equilibrare la potenza dell’insieme con la bellezza purissima del frutto.
E’ chiaro dunque che dopo questi due vini così stentorei e caratterizzati sarebbe difficile per qualunque altro primeggiare. Ed il Giusto di Nostri 2011, che è sicuramente uno dei migliori uvaggi bordolesi italiani, perde così qualcosa nel confronto. Ma sicuramente guadagnerà in bottiglia, ricchissimo com’è di echi, di sonore complessità. L’uvaggio di Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc ha del resto anche tempi diversi e più lunghi di fusione rispetto ai vini da monovitigno, mentre la degustazione, l’assaggio solo è un’inesorabile fotografia del presente. Noi folgoriamo con un clic un bambino nel suo metro e 20 di altezza, quando poi, cresciuto, supererà magari il metro e 80. E’ inevitabilmente così, non può essere altrimenti, ed il Giusto 2011 è oggi un gran rosso in nuce, una miniera ancora pienamente da scoprire, in cui si avvertono di sicuro la superiore grazia di fondo assieme alla preziosità dell’insieme, ma tutto in una giovinezza cruda con accenni di creme e nettari, ricordi ematici, sfondo fumé e un grande aplomb carico di ritrosia a mostrarsi.
Di questo vino ho poi parlato al telefono con Stefano Frascolla. L’ho già detto, quando un vino mi intriga, so di essere fastidioso. Mi impiccio. Azzardo. Entro in cose che non mi competono. Ho accennato così al ruolo dei Cabernet. Se magari potevano essere raccolti con qualche giorno di maturazione in più. E che tutto potesse fondersi maggiormente, avere magari quell’ ulteriore guizzo, considerando come un uvaggio offra poi anche mille opportunità in più, essendo un vino orchestrale.
Ne ho ricevuto così l’ennesimo invito a venire in azienda, ad assaggiare i vini in evoluzione nei legni. Ma io ormai viaggio poco, ho una certa età. Sono pigrissimo. Certo però sentire il Redigaffi ancora in barrique, poi il Syrah, via via queste famose basi di Cabernet … Sarebbe uno splendore. Anche un onore. Ci penserò. Vediamo. L’ho promesso. Se ce la faccio. Magari in treno, forse …
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