Lo stato di grazia dei bianchi da Pecorino in Abruzzo

 

Lo stato di grazia

dei bianchi da Pecorino in Abruzzo

di Luciano Di Lello

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Di certo per arrivare alla comprensione di un vitigno occorre molto tempo. Tra biotipi e terreni più idonei, quanto si guadagni o si perda nelle diverse altitudini, poi i sistemi d’allevamento e metodi di fermentazione, arrivare infine a delineare il vino nel miglior equilibrio tra tensione acida e corpo, bellezza di frutto e avvolgenza, lunghezza, profumi. Per decenni ho visto così crescere i tentativi in Abruzzo su un vitigno allora quasi sconosciuto come il Pecorino e finalmente dopo tutto questo tempo mi sorprendo su etichette in un loro primo, perentorio stato di grazia. Dico primo perché, come in tutta la storia della vite, i tentativi a migliorare non terminano qui. Ci saranno ulteriori intuizioni, personaggi, vigne, storie e mondo di aromi ad ampliarne orizzonte e gusto. Ma posso oggi affermare che abbiamo in Abruzzo bianchi da Pecorino che entrano nell’elite del nostro vino con una personalità sorprendentemente decisa ed originale.

Parto dal suo esempio estremo con il Casadonna, in una vigna impiantata ad 800 metri di altitudine sopra Castel di Sangro. Prima vendemmia nel 2013 e da lì ha preso corpo un bianco straordinario, di un’eleganza tersa, alta e sinuosa, che è andato via via crescendo nelle vendemmie e con un esito spettacolare nelle ultime tre presentate, come la ’17, ’18 e soprattutto 2019. Menzione doverosa per un enologo grandissimo quanto schivo come Riccardo Brighigna, che questo vino lo ha seguito sin dalla posa a dimora delle piante e lo ha fatto diventare uno dei nuovi bianchi più emblematici, altissimo in acidità ed estratto, che su questa congiunzione di estremi inaugura movenze e spazi aromatici inediti, di fantastica godibilità e bellezza.

Vitigno dunque che si esalta nell’altitudine. Ma, come nelle migliori storie, occorre fare un passo indietro e andare ad Ofena, dove la Cataldi Madonna è stata la prima ad introdurre e tentare il Pecorino. Ricordo gli assaggi dalla ’96 su questo vino che fermentava e maturava in barrique, e quanto la sua cremosità e dolcezza fosse sorprendente. Bianco che poi si è evoluto fino a fermentare sempre più a lungo (e poi dal 2007 esclusivamente) in vasca inox, guadagnando in tensione acida, lunghezza, leggiadria. Mentre dal 2000 in poi veniva impiantata una nuova vigna per raggiungere una qualità ancora superiore. E con la vendemmia 2017 nasce da qui il Pecorino SuperGiulia, che è un risultato perentorio e fascinoso, bianco di grande classe che dal microclima alto e continentale di Ofena, nel suo continuum di alternanze tra caldo e freddo, ricava uno scintillio aromatico avvolgente e succoso su una base minerale e salina che si apre ad una saporosità lunga, piccante, nervosa fino ad una prima, appetitosa sensazione tropicale. Risultato magnifico che la 2018 in uscita conferma pienamente.

Ma, oltre questi due vini che potremmo definire nordici, un altro Pecorino-gemma lo troviamo a Torre dei Beati, nell’aerale di Loreto Aprutino, in un microclima meno estremo da una vigna impiantata nel 2005. Il Giocheremo con i Fiori, assaggiato in tutte le annate, esalta un altro aspetto della duttilità del vitigno, cioè la grassezza, l’appetitosità, l’ampiezza goduriosa, sempre bilanciata da un tenore acido importante che lo sorregge e lo rende penetrativo, sapido, fresco. E’ un bianco questo che ha sicuramente capacità evolutive, ma già al suo terzo anno è un trionfo di palatalità, di beva appassionata, con la sensazione di corpo dei bianchi mediterranei pieno di frutti, mandorle e agrumi.

Infine il Colle Civetta di Pasetti su una vigna pedemontana a 550 metri inaugura con la vendemmia 2018 un’altra versione esemplare del Pecorino. Vino freschissimo al colore, giovanissimo al naso, che è uno scrigno in nuce di profumi con la dolcezza delle vigne elette. Bianco raffinato e dallo splendido equilibrio, che si evolverà per anni verso deliziose espressioni di frutta tropicale.

 

 

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