Gradiva Collectio 2011 89-90
Cerasuolo di Vittoria “Victorya 1607” 2013 87-88
Emiryam 2013 87-88
Isolato in un angolo della “Ciomod” alla periferia di Modica (diversi spazi belli e modernissimi, dove poter gustare il meglio del territorio. E tutto, dall’architettura ai piatti, alle variazioni di cioccolato, ad indicare una giovanile e moderna vitalità di ricerche, proposte. A dare anche l’idea di come ci sia oggi operosità, slancio e dunque continuità in questo territorio e come la migliore viticoltura e gastronomia possano essere uno strepitoso volano nell’intero nostro paese), con tutti gli altri ospiti del viaggio bellamente a mangiare in una lontana tavolata, spensierati e ciarlieri, me ne stavo insomma completamente immerso ad assaggiare ed indagare tra tutte le possibili bottiglie di Cerasuolo di Vittoria e similaria davanti, quando mi è apparso improvvisamente al naso un vino di una grazia, soavità ed eleganza sconosciuta, come lo era del resto l’etichetta, Cerasuolo “1607 Victorya”, della vendemmia 2013, Azienda Casa di Grazia.
In qualche modo, tra tutti, mi sembrava il più moderno, femmineo e fascinoso. Vino (50% Frappato e 50% Nero d’Avola) che non puntava sulla potenza, sulla concentrazione, non sembrava nemmeno aver fatto legno, ma possedeva profumi di frutti rossi (ciliegie e fragole) di una leggiadria estrema, dolci, nitidi, pieni di freschezza e succosità. Vino elegantissimo, che brillava poi delizioso al palato, gioioso di sapori, totalmente masticabile e per niente banale, snello e felice, con bella, saporita venatura minerale che rimaneva nella bocca in una sensazione lunga e dolce. Mi sembrava, seduto a quel tavolo, una magistrale e moderna interpretazione del Cerasuolo di Vittoria.
Tornato poi a Roma, ho cercato di saperne di più. Ho letto il nome dell’enologo, Tonino Guzzo. E mi sono tornati in mente i frequenti viaggi in Sicilia all’inizio degli anni ’90, i pellegrinaggi a Regaleali, dove Guzzo (davvero un ragazzino allora) muoveva i suoi primi passi di enologo dell’azienda, gli assaggi poi di infinite bottiglie di campioni sul grande tavolo della sala (erano gli anni in cui si definivano lo Chardonnay, il Cabernet Sauvignon, il Rosso del Conte), gli scambi di vedute, le opinioni, i ragionamenti. Mentre Ignazio Miceli (grandissimo personaggio e stratega del vino siciliano, che ricordo con immenso affetto) usciva fuori, all’aperto, a fumarsi inguaribilmente l’ennesima, infinita sequela di sigarette, che gli sarebbero costate, qualche anno dopo, la vita.
Questo anche a dire che se n’è andato un altro quarto di secolo. E mi sono messo poi a cercare Tonino Guzzo su You Tube, rivedendolo con i capelli brizzolati (dei miei è sicuramente meglio non farne parola alcuna) e ho così appreso che è tornato ad Aragona e segue come consulente ed enologo soprattutto piccole aziende del territorio di Agrigento e del Ragusano. Ho pensato anche che è un mestiere meraviglioso il suo e come sia bello e produttivo lavorare in aree ancora vergini al vino davvero importante ed estremo, dove tutto è ancora possibile e da fare. E quanti progressi si possa veder compiere, quanti tesori inespressi e sotterranei, in un lavoro che rimane complicato e unico, tra l’archeologo e l’astronauta.
Ma insomma torniamo ai vini rossi di questa azienda che sono stati una magnifica scoperta, con quel loro filo di estrema soavità, nitore ed eleganza ad accompagnarli tutti. Come nel Gradiva Collectio 2011, da Nero d’Avola in purezza, anche questo fermentato e maturato solo in vasca inox, e con i crismi di una purezza, di una propensione alla grazia, alla pura bellezza del frutto, che mantiene sempre una integrità ed una bellezza succosa, incontaminata, con tannini setosissimi e di una infinita finezza dolce che rimane a lungo nella bocca. Vino molto seducente e particolare, forse non profondissimo, ma che è un puro piacere bere.
Infine l’Emiryam 2012, da 100% di Syrah, ed è l’unico vino in cui abbiamo un leggero passaggio nel legno. Ma anche qui il filo conduttore non è in una ricerca di profumi terziari, a mimare maturità e complessità, ma il meglio che possa invece esprimere una giovinezza floreale e fruttata. Non il peso dunque, ma l’altezza, l’agilità, la freschezza, la femminilità. E su questo e da tutto questo l’espressione di una gustosità estrema. Il naso è così un’esplosione di lamponi, fragoline di bosco che si aprono man mano ai frutti neri e diventano un invito ad una beva saporosa, lieta, felice.
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