Il Contrappunto
Buone notizie da Caldaro
Di Luciano Di Lello
Solo per il paesaggio, dal filo azzurro del Lago di Caldaro a quell’abbacinante sollevarsi dei verdi ritmati delle vigne, fino al colore dei boschi e alle alture aguzze delle rocce, ci sarebbe da distribuire un Nobel perenne alla bellezza del luogo e alla infinita pace interiore che se ne ricava. Perché quello che vediamo, è lavoro dei suoi abitanti e l’ingegno meticoloso, plurisecolare, che si è consolidato, resistendo a tutto. E se si assaggia infine il frutto di queste terre e delle sue piante, dei suoi vini, perché di questo ci occupiamo da decenni, nell’alterna onnipotenza delle umane sorti, nascono una serie di considerazioni su come qui, in una salvaguardia già lunga di agricoltura biologica, si sappia tentare, esaltare ed anche meravigliosamente ottimizzare i risultati.
Partiamo dunque da un colosso del territorio, la Cantina Kaltern, una cooperativa storica con 650 soci e 450 ettari di vigne, che ribalta ogni trito luogo comune, perché il grande può essere anche bello e magnifico, visto il possesso di tantissimi vigneti e vitigni che offrono una moltiplicazione di tavolozze e di sapori, se si sa poi coscientemente valutare ogni possibilità e ponderare, isolare, scegliere. Proponendo infine i vini assoluti, i grandi cru, ma, a cascata, anche quelli più quotidiani e semplici.
Della linea Quintessenz, che rappresenta la selezione massima di questa azienda, un’enorme impressione di ricchezza e modernità abbiamo ricavato dal Sauvignon Blanc 2016. Raramente ci era capitato di sentire in un nostro vino una tale energia aromatica e dinamica, una potenza varietale di tale nobiltà e dolcezza, anche piena di spigoli aggressivi adesso per una gioventù fisica che il tempo complessizzerà. Intrigantissimo poi il Pinot Bianco ’16, con l’integra soavità del vitigno, debordante di frutti deliziosi, dal melone bianco ad uno sfumato di miele e agrumi, che si accendono in sapide mineralità alla bocca. Il Quintessenz Passito ’14 infine non è che il nuovo nome del meraviglioso Serenade, un Moscato Giallo che ha fatto epoca nella nostra enologia come sontuoso vino finale, vibrante di rare sensazioni tropicali, fresche e piccanti alla bocca.
Nelle vigne vicine c’è Manincor, azienda più piccola, votata da decenni al biodinamico, e con altre varie gemme, ad iniziare dal Lieben Aich, un Sauvignon Blanc per noi tanto memorabile quanto incomprensibilmente poco conosciuto. Lo abbiamo sentito in queste settimane sulla vendemmia 2016, 2012, 2009, avendo la conferma di essere davanti ad uno dei pochi perentori bianchi italiani, di natura morbida e cremosa, avvertibilmente setoso nella levigata concia dei legni e con un pentagramma olfattivo di straordinaria seduzione, un variare voluttuosamente esotico di frutti che maturano verso creme dolci che contengono dentro di sé nerbi acidi e nervosi ad unirle, trattenerle, moltiplicandone poi la sapidità.
Il Mason di Mason è infine un importante Pinot Nero. Con l’avvertenza però dei suoi lunghissimi tempi di evoluzione, affinché riveli compiutamente il proprio ventaglio olfattivo, come è nel carattere e nella dinamicità del vitigno, quando viene tentato nei rari e difficili siti in cui si esalta. Non è un caso quindi se le impressioni più succose e aperte le abbiamo ricavate oggi dalla vendemmia 2002, che nel ristretto panorama dei Pinot Nero altoatesini assaggiati si è distinto per la grazia, l’unicità varietale, l’ampiezza e l’eleganza degli aromi. Non un rosso concentrativo, ma di spazi in divenire, di aperture vivide, sapide. La 2008 è oggi ancora troppo cruda, i profumi nella loro prima gestazione. Così la 2013 e la 2015 sono assolutamente da collezionare, sapendo però di dover attendere. Con una nota, a conferma dell’integrità profonda di questi vini. Il loro picco di apertura e bellezza aromatica lo hanno dato via via fino a 5 giorni dalla stappatura, nella bottiglia sempre più scolma.
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