lucianodilello

Ammetto di essere un ammiratore smodato dei vini altoatesini, ma anche un testimone di quali progressi siano stati qui compiuti nei 40 anni in cui ho avuto la ventura e la fortuna di poterli seguire con buona continuità. Territorio questo in cui molte cose si combinano e non a caso la vite vi ha plurimillenari trascorsi e ne disegna il territorio.

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Forse dovrei iniziare con un rimando alla lettura de “Gli anni di Poggio di Sotto” nella sezione Storie. E’ un racconto un po’ lungo, lo so, perdonatemi. Se potete però provate a leggerlo. E’ una premessa a questo lavoro, ci sono dentro molte cose sul senso dell’assaggiare e scoprire il vino, i suoi luoghi, le persone ed anche una serie di considerazioni sul Brunello, su come e quanto si sia evoluto in questi decenni (e come ci siamo evoluti anche noi), che vanno sempre tenute a mente

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Ci sono storie che a volte si ripetono, perché è stato al Benvenuto Brunello del 2013, venerdì 22 febbraio, che, giunto al 121° assaggio (ho tutto scritto ed ero con qualche difficoltà ormai a muovere la bocca e le parole per una incombente cementificazione tannica delle mascelle), che appare nel bicchiere un Brunello tanto sconosciuto quanto celestiale ai profumi.

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I vini di Cupano sono stati la scoperta forte di questi ultimi anni, a partire dal 2008. Per la verità avevo sentito questo Brunello la prima volta nell’anno precedente con la vendemmia 2002.

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E’ l’ultima scoperta di quest’anno, nella mattinata di venerdì 21 febbraio.
Il Brunello Verbena arriva come 14° assaggio (seguo pedissequamente l’ordine sorteggiato di anno in anno per non complicare ulteriormente il lavoro dei sommelier).

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È un’altra bella storia di Montalcino e del suo crogiolo di vite, che parte dai lontani anni Sessanta, quando Luigi Fabbro, pacifista senza se e senza ma, e militante della sinistra, rifiuta la cartolina di leva e si rifugia all’estero per evitare l’arresto (erano altri anni e tutto un altro mondo, la guerra del Viet-Nam, l’impossibilità del servizio civile per gli obiettori di coscienza …).

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Parliamo di un’azienda storica di Montalcino, fondata nel 1965 da Alfo Bartolommei, che nello stesso anno impianta in questo podere la prima vigna a Sangiovese e che nel 1983 fa il suo esordio sul mercato con il Brunello della vendemmia ’78.

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Considero questa azienda, sin dalla sua fondazione nel 2008, una sorta di laboratorio e di fucina del miglior vino abruzzese, che vede il decollo anche della piccola Doc Tullum con vigneti selezionati da mappali storici del territorio, tutti in riconversione biologica.

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Il Galatrona è uno di quei vini del cuore che ho visto nascere e crescere sin dalla lontana vendemmia ’94, uno di quei Merlot in cui tutto quanto si ritiene del vitigno appare clamorosamente sciocco e sbagliato. Nel Galatrona quelli che scolasticamente vengono dichiarati limiti del vitigno scompaiono, tanto il vino appare sconfinato, sontuoso, impareggiabile.

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