Quello che colpisce nei vini emozionanti è l’atto creativo, quella loro ininterrotta sequela di intuizioni che porta a risultati tanto sorprendenti e felici, da fare scuola.
Ho vissuto il cammino dei bianchi dell’Alto Adige dagli anni ’70. Li ricordo nitidi ed affilati, profumatissimi, di alta acidità, appena sottili, prima che una nuova generazione di produttori e tecnici portasse a impressionanti selezioni di vigne, a maggiori maturazioni in pianta, al passaggio a volte in legni piccoli. Quelle etichette da monovitigno apparse negli anni ’90 hanno dato esiti meravigliosi. Bianchi densi, fitti, vasti, cremosi, che dilatavano e approfondivano il mondo precedente, sensualissimi ai profumi, pronti a sfidare il tempo e segnandosi nel mio immaginario come una suprema lezione di maestria e bellezza.
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